Diacono can. 266, 288, 861, 910, 943, 1031, 1037, 1108, 1169 c.j.c.
Ministro della Chiesa che ha ricevuto il primo grado dell’
Ordine sacro e come tale è diventato
chierico. È detto:
—
transeunte se è ordinato con l’intenzione di essere ammesso all’ordine successivo del presbiterato [
vedi Presbitero];
—
permanente se è ordinato per esercitare stabilmente solo l’ordine del diaconato.
Il (—) è ministro ordinario del
Battesimo e della Comunione, può essere delegato ad assistere ai
matrimoni [
vedi Matrimonio canonico;
Matrimonio concordatario] presiedere alle
esequie ecclesiastiche e impartire le benedizioni [
vedi Sacramentali] che gli sono espressamente consentite dal diritto (tra cui la Benedizione eucauristica).
Coloro che sono destinati al presbiterato vengono ammessi all’ordine del diaconato soltanto a 23 anni compiuti; i candidati al diaconato permanente vi sono invece ammessi:
— se
celibi, dopo i 25 anni compiuti;
— se
coniugati dopo i 35 anni compiuti e con il consenso della moglie.
Il (—) che intende essere ammesso al sacerdozio (così come chi, non sposato, vuole accedere al diaconato permanente) deve preventivamente avere assunto pubblicamente, dinanzi a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del
celibato oppure avere emesso i
voti perpetui in un
istituto religioso. Il (—) permanente rimasto vedovo non può, salvo dispensa, risposarsi.
Rispetto agli obblighi che devono assumere i chierici i (—)
permanenti non sono tenuti, a meno che il diritto particolare non stabilisca diversamente: ad indossare
l’abito ecclesiastico, ad assumere uffici pubblici che comportano una partecipazione all’esercizio del potere civile, ad esercitare uffici secolari che comportano l’onere del rendiconto, ad esercitare
attività affaristica e commerciale, ad avere parte attiva nei partiti politici e nelle associazioni sindacali.