Risarcimento del danno (d. civ.)
La legge distingue tra ():
in forma specifica, consistente nella riproduzione di una situazione materiale corrispondente a quella che sarebbe sussistita se non fosse intervenuto il fatto produttivo dell'obbligazione risarcitoria;
per equivalente, comportante il pagamento di una somma di denaro corrispondente alla perdita subita e al mancato guadagno.
Il codice prevede la reintegrazione in forma specifica solo in materia di responsabilità civile, ma dottrina e giurisprudenza non hanno difficoltà ad estenderne l'applicazione al danno derivante dall'inadempimento contrattuale.
Il danno si distingue in danno patrimoniale e non patrimoniale [Danno], quest'ultimo risarcibile nei soli casi determinati dalla legge (art. 2059 c.c.). Il () deve comprendere sia il danno emergente, sia il lucro cessante [Danno]. Nel caso di danno da inadempimento o ritardo contrattuale, il () è limitato ai soli danni prevedibili nel momento in cui sorse l'obbligazione, a meno che l'inadempimento abbia carattere doloso, mentre tale prevedibilità non rileva nell'ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
L'obbligo del () è un tipico debito di valore e, quindi, nel calcolo dell'entità del danno si deve tener conto della svalutazione monetaria; per il ritardo nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie [Obbligazione], sono dovuti dal giorno della mora gli interessi moratori [Interesse]. Il giudice, qualora il danno non possa essere provato nel suo esatto ammontare, può ricorrere a criteri equitativi.