Mùtuum [
Mutuo; cfr. artt. 1813 ss. c.c.]
Contratto reale che si concludeva mediante il trasferimento della proprietà di una somma di danaro o di una quantità di altre cose fungibili da un soggetto (
mutuante) ad un altro (
mutuatario); quest’ultimo assumeva l’obbligo di restituire al primo una quantità uguale di cose dello stesso genere e qualità (c.d.
tantùndem eiùsdem gèneris).
Il mutuo si perfezionava con la
dàtio rèi, ossia con la consegna della cosa oggetto del contratto.
Il mutuante poteva tutelarsi, esercitando:
— l’
àctio certæ crèditæ pecùniæ [vedi], se il mutuo aveva per oggetto una somma di danaro;
— la
condìctio certæ rei [vedi] (anche detta
condictio triticària), se l’oggetto era una qualsiasi altra cosa fungibile.
Il (—) era un contratto essenzialmente
gratuito, tuttavia, il mutuatario poteva essere tenuto a pagare gli interessi: ciò si verificava se le parti ponevano in essere un’apposita
stipulàtio [vedi], formalmente autonoma e separata dal mutuo.
Inoltre, il rapporto si poteva novare [vedi
novàtio] per il tramite di una
stipulatio [vedi] comprensiva sia del
capitale che degli
interessi (
stipulatio sòrtis et usuràrum) [vedi
fènus nàuticum].
Fra il III ed il II sec. a.C. il (—) ottenne una particolare tutela nel processo per
legis actiones, attraverso una
lex actio per condictionem creata da una
Lex Silia ed ampliata da una
Lex Calpurnia.
Durante il principato di Vespasiano, nel I sec. d.C., un
senatusconsultum Macedonianum introdusse il divieto di dare danaro a titolo di mutuo ai
filii familias. Il pretore rese operante il divieto con la concessione di una
exceptio senatusconsulti Macedoniani, da opporsi all’azione intentata dal terzo mutuante contro il
filius, e con la
denegatio dell’
actio de peculio che il mutuante intendeva esercitare contro il
pater.
Se, nonostante il divieto, il
filius effettuava il pagamento, si applicava la
soluti retentio.
In
diritto giustinianeo, la fattispecie fu classificata come
obligatio naturalis [vedi].