Cassazione [ricorso per]
() nel processo civile (d. proc. civ.)
Mezzo di impugnazione (disciplinato dagli artt. 360 ss. c.p.c.) esperibile contro le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado:
per motivi attinenti alla giurisdizione;
per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
per nullità della sentenza o del procedimento;
per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tale caso l'impugnazione può proporsi soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.
Inoltre possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari (artt. 37 e 41 c.p.c.);
i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
L'impugnazione si propone mediante ricorso diretto alla Corte di Cassazione e sottoscritto da un avvocato iscritto nell'albo dei cassazionisti (art. 365 c.p.c.).
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
() nel processo penale (d. proc. pen.)
Mezzo di gravame esperibile contro le sentenze e i provvedimenti che incidono sulla libertà personale (art. 111 Cost.).
Mentre possono aversi sentenze di primo grado appellabili e non appellabili, non esistono sentenze di secondo grado non ricorribili, né sentenze di primo grado inappellabili che siano sottratte al ricorso per ().
Ne consegue che quest'ultimo è, per così dire, l'ultima valutazione insopprimibile. Peraltro, il ricorso può costituire l'istanza di giustizia azionabile in relazione a qualsiasi decisione di primo grado, sia perché può essere l'unico mezzo di gravame disponibile allorché non è consentito l'appello, sia perché può elettivamente assurgere a mezzo immediato di impugnazione, omisso medio, per saltum, allorché la parte che abbia diritto di appellare la prima sentenza preferisca avvalersi immediatamente del ricorso.
Anche in sede penale, come in sede civile, la cognizione della () è limitata ai soli vizi di legittimità, tassativamente contemplati nell'art. 606 c.p.c., mentre, a differenza del ricorso in sede civile, la proposizione del ricorso sospende l'esecuzione della sentenza.
In particolare, il ricorso per () è ammesso solo per cinque ordini di motivi attinenti a:
esercizio da parte del giudice di potestà riservate ad altri poteri dello Stato;
violazione della legge penale;
violazione di norme processuali penali, se a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza;
violazione del diritto alla controprova (artt. 190 e 495 c.p.p.), anche per le prove richieste nel corso della istruzione dibattimentale, se tale error in procedendo ha pregiudicato la decisione;
vizio di motivazione, che si risolva nella mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa e sia ricavabile dallo stesso testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.
La tassatività dei casi di gravame provoca la inammissibilità di motivi diversi o sostanzialmente apparenti e manifestamente infondati.
Il cd. pacchetto sicurezza (L. 128/2001) ha introdotto nel codice l'art. 625bis c.p.p., che disciplina il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto. È noto che la sentenza pronunciata dalla Corte non è impugnabile, essendo il ricorso per cassazione l'ultimo mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze (salvi i casi di revisione).
La nuova disposizione consente alla Corte, su ricorso del Procuratore Generale o del condannato, di correggere errori materiali o di fatto contenuti in suoi provvedimenti.