Àctio de dolo (vel actio doli) [
Azione di dolo; cfr. art. 1427 c.c.]
Actio pœnalis [vedi] esercitabile dal contraente vittima del comportamento fraudolento della controparte (cioè da parte del c.d.
decèptus [vedi]) contro il “raggirante” (il c.d.
decèptor [vedi]).
L’azione (denominata
in diritto postclassico actio doli), fu introdotta nel sistema giuridico romano nel sec. I a.C. dal giurista
Aquilio Gallo [vedi] (68 a.C.) ed era infamante
[vedi
infamia].
L’(—) era esperibile dalla vittima del raggiro che avesse adempiuto ai propri obblighi negoziali, per ottenere la restituzione di ciò che aveva dato o la riparazione del torto; se invece il
decèptus era chiamato in giudizio dalla controparte che richiedeva l’adempimento, egli poteva opporre un’
exceptio doli, introdotta insieme all’(—) dallo stesso giurista Aquilio Gallo
.
Il
decèptor veniva condannato al pagamento di una somma pari (
in simplum) al pregiudizio subito dal
decèptus; quest’ultimo, però, poteva evitare la condanna, ristabilendo volontariamente la situazione economica esistente tra le parti prima del contratto.
L’(—) era un’
azione sussidiaria: poteva essere, cioè, esercitata dal
deceptus solo:
— se contro il
deceptor non erano esercitabili altre azioni;
— se il
deceptus non poteva essere risarcito economicamente in altro modo.