Fonti del diritto
Sono quegli
atti o
fatti produttivi di diritto, riconosciuti come tali dall’ordinamento di cui fanno parte.
Rientrano in questa categoria solo le cd.
fonti di produzione, cioè quegli atti o fatti abilitati dall’ordinamento a creare le norme giuridiche che costituiscono, nel loro insieme, il cd.
diritto oggettivo.
Nelle disposizioni sulla legge in generale (preposte al codice civile vigente, che è fonte subordinata alla Costituzione) troviamo menzionate quali (—) all’art. 1 le
leggi, i
regolamenti, le
norme corporative (oggi abrogate), gli
usi.
In seguito alla promulgazione della Costituzione occorre aggiungere alla nota dell’art. 1
in primis la
Costituzione e le
leggi costituzionali, gli
atti di Governo aventi forza di legge (decreti legge e decreti delegati), gli
statuti regionali, gli
statuti degli enti minori.
• (—)
non scritte
Le (—) non scritte, dette anche
fonti- fatto, si risolvono in comportamenti umani assunti dall’ordinamento nella loro oggettività, senza preciso riferimento ad un soggetto specifico che le ha poste in essere, ma a seguito di un comportamento costante di una determinata collettività.
La più importante (—)
non scritta del nostro ordinamento è la
consuetudine [
vedi].
Nel
diritto romano fonti tradizionali furono i
mores maiorum (usanze degli antichi), i
foedera [
vedi Foedus], il
ius.
Successivamente, divennero fonti: gli atti dei
comitia, del senato, dei magistrati [
vedi Edictum] e del
princeps (
mandata,
edicta,
rescripta,
decreta), nonché i responsi dei giureconsulti (
responsa prudentium)
Nel
diritto canonico, poiché la Chiesa costitui-sce un’unica realtà composta da un elemento divino e da un elemento umano, correlativamente le (—) si distinguono in
fonti di diritto divino (ad es. la rivelazione), assolutamente inderogabili da leggi umane (civili o ecclesiastiche) e
fonti di diritto umano, scaturenti invece dal volere delle autorità costituite dalla Chiesa per il governo della comunità dei fedeli, quali ad esempio il pontefice e il
concilio ecumenico [
vedi].