Clièntes (clìens) [lett.
“clienti”, clientela]
Erano i soggetti di non condizione servile, ma nondimeno posti in condizione di sudditanza verso un
patrònus [vedi] cui dovevano obbedienza: essi erano, in origine, privi di soggettività giuridica.
Fonti della clientela potevano essere:
— la
dedìtio,spontanea sottomissione di un gruppo al potere di una
gens [vedi];
— l’
applicàtio, sottoposizione di un cittadino straniero al potere protettivo di un gruppo gentilizio.
La categoria dei (—) (che va distinta da quella dei
liberti [vedi
libèrtus]), ebbe rilievo giuridico solo nel
periodo arcaico: secondo la legge delle XII Tavole [vedi
lex XII Tabulàrum], a carico del patrono gravava un vero e proprio obbligo di assistere e difendere il proprio
cliens, finché quest’ultimo gli avesse mostrato obbedienza. In tempi meno risalenti, il rapporto di clientela perse i suoi connotati giuridici per assumere quelli, più deteriori, che ancor oggi echeggia l’aggettivo “clientelare”. Così, il
cliens compiva ogni giorno la c.d.
salutatio matutina (ricevendone in cambio un invito a pranzo o un po’ di denaro), scortava il
patrònus nel foro e ne adulava le orazioni.
Il fenomeno della clientela è ancora ben radicato nella società contemporanea e comporta reciproci doveri ed obblighi, in tutto identici (pur se non giuridicizzati) a quelli previsti dal
diritto romano arcaico.