Contratto a favore di terzi [cfr. artt. 1411 ss. c.c.]
È il contratto dal quale derivano effetti favorevoli per un terzo (cioè per un soggetto estraneo al contratto stesso).
Nel diritto romano il contratto non poteva avere effetti se non tra le parti contraenti: vigeva, perciò, il
divieto dei contratti a favore di un terzo.
La regola era espressa dalle parole
àlteri stipulàri nèmo potest (che esprimevano il divieto della
stipulatio alteri [vedi
stipulàtio]: esse sancivano l’inefficacia dell’atto nei confronti dei terzi. Il terzo non acquistava l’azione relativa al credito che le parti volevano trasmettergli.
Per rendere esigibili promesse a favore di un terzo, si ricorreva, pertanto, alla
stipulatio pœnæ: se il debitore non adempiva nei confronti del terzo, lo stipulante poteva agire per la riscossione della penale. Frequente era anche il ricorso alla
adstipulàtio [vedi].
Nel
diritto giustinianeo, in via di eccezione, si ammise che il
terzo potesse acquistare
autonoma azione, pur permanendo immutato il divieto generale.