Ius gentium (
Diritto delle genti)
Nel
diritto romano era il complesso delle norme giuridiche fondate sulla ragione naturale (
naturalis ratio) comune a tutti i popoli (
gentes) che avevano raggiunto un pari grado di sviluppo.
Tale complesso di norme sorse a seguito dell’intensificarsi dei traffici commerciali con popoli stranieri, al fine di regolare i rapporti negoziali tra
cives romani e
peregrini.
Per la disciplina di siffatti rapporti non era possibile fare ricorso alle norme del
ius civile, in ragione del principio della
personalità della legge [
vedi], secondo cui allo straniero non era applicabile il diritto romano.
Onde soddisfare tale esistenza fu istituito nel 241 a.C. un magistrato speciale, il
praetor peregrinus. Costui, deputato a presiedere i processi tra soggetti non muniti della cittadinanza romana, elaborava le norme dirette a risolvere i relativi conflitti.
Poiché il (—) comprendeva un gruppo di disposizioni basate sulla ragione naturale e, in quanto tali, suscettibili di applicazione generalizzata per tutti i popoli,
Gaio [
vedi] lo denominò anche
ius naturale. In seguito, nella tricotomia ulpiano-giustinianea (
ius civile,
ius naturale e
ius gentium), coniata da
Ulpiano [
vedi] ed accolta da
Giustiniano I [
vedi], il
ius naturale acquisì una valenza autonoma, quale complesso dei precetti di convivenza dettati dalla natura a tutti gli esseri viventi.
Uno dei fondamentali princìpi del (—) fu quello della
bona fides, che assumeva a criterio di responsabilità l’osservanza dei patti e della parola data fra galantuomini, indipendentemente dal ricorso a formalità solenni che, d’altronde, tra persone di lingua e cultura differenti sarebbero state inattuabili e incomprensibili.