Cùlpa [
Culpa; cfr. artt. 1218, 2043 c.c.; 42-43 c.p.]
In
diritto romano arcaico, il termine (—) indicava un fatto in sé stesso illecito.
Nelle epoche successive, la (—) costituì, nelle sue varie gradazioni, criterio generale di imputazione della responsabilità, contrattuale o per fatto illecito, insieme al dolo [vedi
dolus]. Come criterio di responsabilità, la differenza tra
dolus [vedi] e (—), secondo il diritto classico, era la seguente: se l’
obligatio [vedi] era sorta per esclusivo interesse del
creditor [vedi], il
debitor [vedi] era responsabile solo se l’inadempimento era dipeso da
dolus; se, invece, l’
obligatio era sorta anche nell’interesse del
debitor, questi era responsabile anche se l’inadempimento fosse dipeso da (—).
La (—) consisteva, genericamente, in un comportamento volontario tenuto in spregio delle elementari norme di diligenza, prudenza e perizia.
Si distinse, in particolare, in ordine all’intensità della negligenza tra:
—
culpa in abstràcto [vedi];
—
culpa in concreto [vedi];
—
culpa làta [vedi];
—
culpa lèvis [vedi];
—
culpa levìssima [vedi].
Quale criterio d’imputazione per la responsabilità da fatto illecito [vedi
dàmnum iniùria dàtum], la (—) era intesa come responsabilità personale per un comportamento non doloso, ma volontario e veniva meno in presenza di forza maggiore e caso fortuito [vedi
casus fortuìtus].
Nell’ordinamento vigente, la colpa è:
— in diritto civile, uno dei criteri di imputazione della responsabilità (contrattuale od extracontrattuale);
— in diritto penale, elemento psicologico del reato.