Dàmnum iniùria dàtum [
Danno ingiusto]
Figura di
delictum [vedi] consistente nel danneggiamento di una cosa o di uno schiavo altrui.
Le
XII Tavole [vedi
lex XII Tabulàrum] non prevedevano una figura astratta di danneggiamento, ma singole ipotesi tipiche (per es.
àctio de paupèrie [vedi], per danni arrecati da un quadrupede;
actio de pastu pècoris [vedi], per danni derivanti da pascolo abusivo, etc.).
Successivamente il (—) fu disciplinato, come figura astratta, dalla
lex Aquilia de damno [vedi] (287 a.C.).
Ne erano requisiti:
— il
damnum: inizialmente era rilevante solo se
materiale (
còrpore corpori illàtum), vale a dire cagionato con la forza muscolare sulla cosa considerata nella sua struttura fisica. Successivamente si disciplinò anche l’ipotesi di danno
non corpore illatum (non causato direttamente dal danneggiante col proprio corpo) come, ad esempio, nel caso di chi avesse tenuto rinchiusi animali per lungo tempo senza nutrirli, provocandone così la morte;
— l’
iniuria: era l’
antigiuridicità del danno, cioè la sua ingiustizia;
—
dolus o
culpa: il titolo di responsabilità per aver causato il danno. Per aversi responsabilità, era sufficiente la
culpa levissima, cioè una lieve negligenza;
— il
nesso causale fra l’azione e il danno.
In
età classica, il pretore concesse
actiònes utiles [vedi
àctio utilis] e
actiònes in factum [vedi
àctio in factum] contro i danni arrecati alla cosa o mediante un’
inattività, o in maniera
indiretta.
Nel
diritto giustinianeo, l’
actio legis Aquiliæ fu considerata il
rimedio generale di
risarcimento di ogni danno colposamente arrecato a cose.