Adozione
Istituto tipico del diritto di famiglia che, accanto all’affidamento consente di instaurare un rapporto sotto molti aspetti simile a quello che lega genitori e figli. Con l’(—) si costituisce, fra adottante e adottato un rapporto di
parentela legale e non naturale, dal momento che manca il vincolo di sangue.
Nel
diritto romano l’
adoptio era il procedimento inteso a trasferire la
patria potestas su un
filius da un
pater ad altro
pater.
L’
adoptio in senso lato si divideva in due specie: l’
adoptio in senso stretto (denominato anche
adoptio impèrio magistràtus) e l’
adrogàtio (denominata anche
adoptio pòpuli auctoritàte).
L’
adoptio in senso stretto era preordinata all’adozione di un
filius familias, ossia di un soggetto già sottoposto alla potestà del suo
pater familias originario.
La procedura era la seguente:
— l’adottando veniva sottratto alla
patria potestàs del
pater originario mediante tre successive vendite;
— in un secondo momento, il soggetto liberato veniva posto in
mancipio presso il
pater o anche presso un terzo;
— infine, egli veniva rivendicato dall’adottante e, a seguito della non opposizione di colui che lo aveva in
mancipio, il giudice lo assegnava all’adottante, dichiarandolo figlio legittimo dello stesso.
L’adottato usciva dalla famiglia originaria, perdendo ogni rapporto di parentela ed ogni diritto e dovere nei suoi confronti; acquistava, invece, rapporti di parentela e relativi diritti e doveri nei confronti della famiglia dell’adottante.
L’
adrogatio era una forma molto antica di adozione, anteriore alle
XII Tavole [
vedi Lex XII Tabularum]. Essa consisteva nell’atto con cui un
pater familias assumeva sotto la propria
potestas una persona
sui iuris, cioè non soggetta alla patria potestà di nessuno, anzi normalmente
pater familias essa stessa. Per effetto dell’
adrogatio non soltanto l’adrogato ma l’intera sua famiglia entravano in quella dell’adottante.
In
diritto giustinianeo si distinse tra:
—
adoptio plena (piena), compiuta nei riguardi del
filius in potestate di un proprio discendente emancipato o di un proprio discendente in linea femminile. Comportava la
capitis deminutio minima dell’adottato che era del tutto equiparato, anche ai fini successori, ai
filii dell’adottante;
—
adoptio minus quam plena (meno che piena) non compiuta dall’ascendente e non comportante né l’acquisto della
patria potestas sull’adottando, né la perdita dei diritti successori di questo nei confronti della sua famiglia d’origine; ciò in quanto non determinava l’acquisto della
patria potestas.
Anche se da parte di taluni si ritiene che il
diritto germanico [
vedi] conobbe l’(—) solo dopo il contatto col mondo romano, tuttavia si ammette in generale che gli antichi diritti germanici accogliessero diversi modi d’ingresso civile nella famiglia, accompagnati dall’espletamento di formalità simboliche che ripetevano quelle usate per il riconoscimento da parte del padre del figlio naturale.
Presso i
Longobardi [
vedi] l’(—) si attuava col taglio dei capelli e della barba dell’adottato da parte dell’adottante e con la consegna delle armi davanti all’assemblea in armi (in
gairethinx ).
In seguito, presso i Longobardi, l’(—) assunse il contenuto economico d’una donazione, allo scopo di creare un rapporto di successione legittima.
Caratteristiche di una donazione vera e propria ebbe l’(—) presso i
Franchi [
vedi], attraverso la previsione dell’istituto dell’
affatomia [
vedi], volta ad assicurare la successione volontaria dell’adottante.
Nelle province orientali dell’impero dell’
Alto medioevo si usava, inoltre l’(—) fatta in chiesa, ad imitazione del vincolo divino che legava Dio agli uomini da lui accolti
in adoptionem spiritu.
Nei territori italiani soggetti all’influenza bizantina si prevedeva, accanto alla
adoptio per chartulam, perfezionantesi con la redazione di un atto scritto, la necessità che l’(—) venisse fatta dinanzi ad un giudice pubblico.
Nel periodo del
diritto comune [
vedi] venne sancita l’inefficacia dell’adozione per scrittura privata e fu disposta l’obbligatorietà dell’intervento di un pubblico funzionario. L’(—) solitamente era compiuta nella forma del
rescriptum concesso (come una regalia) dall’Imperatore o da un suo delegato. La dottrina operò la fusione tra le figure concettuali dell’
adoptio e dell’
adrogatio ma nella prassi l’istituto decadde, ammettendosi solo poche ipotesi di
adoptio plena. Nel
sistema feudale i figli adottivi vennero esclusi dalla successione nei feudi, nei
fedecommessi [
vedi ] e nel patrimonio ricevuto in eredità dall’adottante. Inoltre, l’esigenza pratica di fare ricorso all’adozione fu resa sempre meno pressante dalla possibilità di effettuare, ormai, la delazione volontaria dell’eredità attraverso altri atti (patti successori e testamento). Nel
Seicento l’istituto sembrò destinato ad estinguersi.
Il
Code Napoléon [
vedi] richiamò in vita l’(—), consentendola tuttavia soltanto in forma pubblica e concedendola solo a chi si fosse trovato nell’impossibilità di avere figli. Accanto alla (—)
ordinaria fu introdotta quella
testamentaria e quella
rimuneratoria (prevista come ricompensa per un salvataggio compiuto in circostanze eccezionali). In Italia il
codice civile del 1865 [
vedi] mutuò da quello francese i requisiti formali e di efficacia dell’(—) in esso disciplinata.