Antitrust [normativa]
In generale, ogni legislazione volta a tutelare la libera
concorrenza (v.) attraverso la regolamentazione delle
intese (v.) fra imprese e la formazione di
monopoli (v.) non argomentabili con motivi di interesse sociale.
Tali interventi legislativi trovano la loro giustificazione teorica nella più efficiente
allocazione delle risorse (v.) assicurata dai mercati di
concorrenza perfetta (v.), ma altrettanto importanti possono essere le motivazioni di carattere politico e sociale (sostegno alla piccola industria o lotta alla concentrazione del potere economico)
Già alla fine del secolo scorso i paesi di più solida tradizione liberista hanno adottato
legislazioni intese a definire limiti legali di dimensione delle imprese nell'intento di assicurare a potenziali nuovi imprenditori un facile accesso al mercato: uno dei primi esempi in materia è certamente la legislazione antitrust statunitense, databile dal 1890 con lo
Sherman Act (v.), cui sono seguiti il
Clayton Act nel 1914 ed il
Celler- Kefauer Act nel 1950.
Attualmente le legislazioni dei diversi paesi tendono a separare nettamente il caso delle posizioni dominanti ottenute attraverso la crescita di una impresa da quelle raggiunte attraverso fusioni o scalate: nel primo caso è il mercato che orienta il sistema produttivo verso le grandi dimensioni (con le conseguenti economie di scala), nel secondo, è l'imprenditore che punta a spazzar via ogni forma di concorrenza.
Si sta dunque abbandonando la filosofia
spacca gruppi tipica della legislazione americana (poichè i danni sono maggiori dei vantaggi) e si cerca solo di tutelare la concorrenza su tutti i mercati e di difendere il contraente più debole.
Questa filosofia è stata adottata anche nella legislazione della
Comunità Europea (v.
CE), il Trattato Istitutivo, infatti, comprende fra i propri principi (art. 3) «la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune».
I principi fondamentali della disciplina della concorrenza, posti dal Trattato di Roma, possono così sintetizzarsi:
— divieto di
intese pregiudizievoli al commercio tra gli Stati membri e
restrittive della concorrenza all'interno del mercato comune (art. 81);
— divieto, alle imprese che hanno una
posizione dominante nel mercato comune, di farne un
esercizio abusivo (v.
Abuso di posizione dominante);
— disciplina delle
relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche, nonché le imprese alle quali gli Stati affidano la gestione di servizi nell'interesse generale (art. 86);
— regolamentazione degli interventi degli Stati membri nell'economia, per impedire che gli
aiuti economici alle imprese generino limitazioni e modifiche al libero esplicarsi della concorrenza (artt. 87-89; 92-94).
Per la legislazione comunitaria si ha concentrazione quando due o più imprese si fondono o quando una o più persone, già controllanti almeno un'impresa, acquisiscono direttamente o indirettamente il controllo dell'insieme o di parti di imprese. Queste operazioni hanno rilevanza comunitaria quando in una fusione o partecipazione è interessata un'azienda con un fatturato totale superiore ai 5 miliardi di
euro (v.) o quando almeno due delle imprese partecipanti all'operazione realizzano nella Comunità un fatturato individuale superiore a 250 milioni di euro.
Fino all'ottobre 1990, l'Italia era l'unico paese industrializzato a non avere ancora una normativa antitrust. La lacuna è stata colmata dalla legge n. 287 del 10-10-l990 che, sul modello della
Federal Trade Commission americana, ha istituito un'
Autorità garante della concorrenza e del mercato (v.), con il compito di
vigilare sul rispetto della normativa antitrust, con ampi
poteri di istruttoria e decisionali per il mantenimento ed il ripristino di condizioni di concorrenza effettiva.